Dramione

Dramione

venerdì 9 dicembre 2011

Violet Hill

di Alessandra – Sily85


Pairing: Draco/Hermione
Rating: Verde
Genere: Romantico









“You know he couldn’t see
That she could be his everything
Bringing light to everything now”
Crossfade - Broken like an angel



La neve volteggiava leggera disegnando la sua figura immobile mentre, intorno a lui, i mattinieri espositori si affaccendavano alle bancarelle, chiacchierando tra loro per cercare di combattere il sonno e l’intorpidimento provocato dal freddo.
Una mano era stretta intorno al pupazzetto rattoppato, l’altra intorno alla bacchetta nascosta nella tasca, in attesa. Un ricordo gli si affacciò alla mente, cancellando, per qualche istante, il mondo circostante.

Aveva cinque anni e teneva stretto l’orlo impellicciato del mantello del suo papà, quasi correndo per stargli dietro mentre lui si faceva rapidamente largo tra la folla. Era la vigilia di Natale e ancora non capiva cosa ci facessero in mezzo a tutta quella gente. “Sporchi stupidi babbani” aveva sentito papà borbottare a bassa voce mentre si preparavano ad uscire da casa. La mamma si era chinata a stringergli la sciarpa intorno al collo dicendogli di fare attenzione, un dolce sorriso ad illuminarle gli occhi velati dalla febbre. Lui aveva annuito serio mentre l’eccitazione lo pervadeva rendendo le sue mani più fredde; l’aveva baciato teneramente sulla fronte e lui si era lasciato cullare dal suo profumo di casa. Poi si era alzata con grazia, richiamata dalla voce di papà:
 << Dobbiamo proprio? >>
 << Sì, hai perso la scommessa Lucius. Accettane le conseguenze! >> Lei aveva riso, una risata gioiosa come mille campane, avvolgendo più stretta la vestaglia intorno al corpo magro e flessuoso.
Papà l’aveva stretta sorridendo e l’aveva mandata verso il camino a riscaldarsi. Poi si era girato verso di lui: << Pronto? >> Il luccichio felice nei suoi occhi era bastato come risposta.
Papà si era fatto sempre più nervoso man mano che si avvicinavano alla loro meta e, quando avevano raggiunto il mercatino natalizio, era teso come una corda di violino. La bancarella che cercavano era in fondo e, per quel motivo, ora gli si aggrappava forte al mantello, per non perdersi nella mischia. Le risate delle persone che li circondavano erano una musica quasi sconosciuta per lui, che non era mai stato in mezzo a tanta gente così felice. Non che a casa non ridessero, anzi, in quel periodo dell’anno era sempre divertente gironzolare per casa mentre la mamma si dava da fare con le decorazioni – non lasciava mai agli elfi domestici quel compito –, ridendo e prendendo in giro papà che cercava di fare il burbero con scarso successo. Ma gli amici dei suoi erano tutti talmente seri, quei mantelli neri lo spaventavano. Conosceva pochi bambini, così quel turbinio di sorrisi, canti natalizi, gente che si scontrava e si scusava ridendo lo lasciava a bocca aperta. Gli occhi non sarebbero mai stati abbastanza grandi da raccogliere tutte quelle sfumature di luce e colore, le orecchie abbastanza sensibili per percepire e registrare ogni rumore di quell’allegra baraonda ed il suo naso abbastanza allenato per distinguere quella miriade di odori. C’era un profumo da far venire l’acquolina in bocca: mele caramellate, castagne arrostite, bacchette di zucchero, zenzero e cannella e infine eccola … la bancarella per cui avevano fatto tutta quella strada. Il venditore del vischio era un vecchio mago, “Sciocco babbanofilo” l’avrebbe definito suo padre con disprezzo, ma le sue ghirlande incantate intrecciate con l’agrifoglio erano immancabili persino a casa Malfoy. Anche i babbani facevano la fila alla bancarella, attratti dai colori accesi le  bacche rosse e bianche come perle, le foglie lucide come fossero state incerate dalle fate , attratti dal profumo fresco e pungente che si spandeva intorno e non svaniva praticamente mai. 
Lucius gli aveva raccomandato di non allontanarsi mentre si metteva in fila, un broncio a turbarne il bel viso. Aveva risposto di sì, un po’ confuso dal disagio del suo papà, quelle persone sembravano esattamente come loro.
L’aveva sentita con una chiarezza impensabile in mezzo a quel frastuono. Una risata di bambina. Ne era stato attratto senza volerlo, uno sfarfallio curioso nella pancia, aveva compiuto quei pochi passi verso la bancarella vicina seguendo quel suono come fosse casa, come quando, dopo un brutto sogno, correva ad occhi chiusi verso la mamma. La bambina era avvolta in un cappottino bianco come la neve, lungo fino ai piedi, i capelli castani sparsi sulle spalle, indomabili, le gote rosse e gli occhi accesi di gioia; la si sarebbe potuta scambiare per uno degli angioletti che facevano bella mostra di sé sulla bancarella se solo fosse rimasta ferma un attimo. Invece non la smetteva di ridere – “sorridere” l’avrebbe corretto lei molti anni più tardi – indicando felice gli angioletti bianchi di pezza. L’aveva spiata intimidito fino a quando lei si era accorta di lui e si era avvicinata facendolo arretrare e sbattere contro un cesto di bastoncini di cannella infiocchettati.
Cappotto bianco e cappotto nero. Opposti e complementari.
Capelli scuri a contrapporsi ai suoi biondo chiaro.
Due pozze di caldo cioccolato a specchiarsi nelle sue iridi di ghiaccio.
Non aveva parlato, ma gli aveva teso un angioletto bianco, spavalda e sicura, tra le sue mani, per le sue mani, i ricci rossi del pupazzetto avevano cambiato forma e colore, allungandosi e diventando l’esatta copia dei suoi: indomabili onde castane.
Ne era rimasto incantato ed intimorito, anche a lui era capitato di combinare qualche disastro con la magia, ma mai niente del genere: succedeva quando si perdeva il controllo, l’aveva rassicurato la mamma.
Lei invece l’aveva fatto con una calma assoluta, doveva volerlo davvero molto. La bambina aveva allungato ancora la mano in un gesto inequivocabile, un regalo per lui che se ne stava lì, perso a guardare quella bocca rossa tesa in un sorriso impossibilmente grande per qualsiasi altro viso che non fosse quello di lei, le dita a mezz’aria.
Ma subito il papà era arrivato ad afferrare la sua mano e tirarlo via, incurante di quello che stava succedendo. Aveva visto il viso di lei velarsi di un’ombra triste mentre allungava l’altra mano a stringere il vuoto. Era riuscito a guardarla un’ultima volta, da lontano attraverso le gambe di un signore altissimo, stava osservando l’angioletto tra le sue mani che adesso sfoggiava una capigliatura corta, biondo platino.

Per rivederla aveva dovuto aspettare altri sei anni da allora e non si era nemmeno accorto che fosse lei. Gli avvenimenti l’avevano cambiato, plasmandogli sul viso una maschera di sprezzante superiorità che lasciava scivolare via dagli occhi solo con pochi amici e sua madre. Aveva fatto quello che gli andava, come gli andava, con chi gli andava senza mai curarsi di nient’altro a parte se stesso ed i suoi desideri … fino al Natale del sesto anno.

Non ce la faceva più, il marchio continuava a bruciare sul suo avambraccio, la paura di essere scoperto era una morsa continua alla bocca dello stomaco. Paura di fallire, paura di riuscire. Da un po’ nella sua mente si faceva strada l’idea di un sogno, una vocina sottile gli sussurrava che stava sbagliando e lui era lesto a ricacciarla lontano, per la sua famiglia, per riscattare quel padre che aveva ormai perso la ragione e per proteggere quella madre che ancora resisteva, pronta a sacrificare ogni cosa per lui.
Si era nascosto in bagno a piangere. Piangere, era ridotto a questo ormai.
Il litigio con Piton, dopo la festa di quell'idiota di Lumacorno, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, Piton che voleva prendersi i meriti del suo lavoro, meriti per i quali avrebbe ottenuto maggior prestigio agli occhi del Signore Oscuro facendo scivolare lui e la sua famiglia ancora più vicino al bordo del baratro. Quando aveva alzato gli occhi dal lavandino sullo specchio aveva visto una figura avvicinarsi. Si sarebbe aspettato chiunque, persino Potter, ma di certo non lei. Nessuno sguardo di superiorità a turbarne il volto, sicuramente si sbagliava, le lacrime gli ingannavano la vista, sarebbe stata veloce a ferirlo con le parole prima che lui riuscisse anche solo a trovare la bacchetta.
Doveva attaccare per primo << Sei venuta a fare la crocerossina dei poveri, Granger? >>
Era da qualche giorno che se la trovava intorno nei momenti più impensabili, rendendo ancora più difficile portare avanti la sua missione. Inaspettatamente aveva ignorato il suo attacco.
<< So cosa stai combinando, Malfoy. Ti ho visto con quell’armadio svanitore nella Stanza delle Necessità e ti ho sentito discutere con Piton, so cos’hai in mente e posso aiutarti a rimettere a posto le cose >>
L’aveva preso in contropiede, colto con le difese abbassate, il cuore una preda facile tra le mani di lei. Si era guardato intorno veloce solo per scoprire la sua bacchetta spuntare dalla tasca del mantello vicino alla porta, l’aveva tolto e lasciato cadere appena si era sentito al sicuro oltre la porta del bagno. A quanto pareva si sbagliava, non si può mai essere davvero al sicuro, che sciocco era stato.
<<Quando lascerai cadere questa maschera? – la sua voce, raschiante nella sua gola quasi facesse fatica a trovare la strada tra i denti, l’aveva costretto a riportare lo sguardo su di lei – Ti ho visto da solo, ho visto il sorriso che hai quando leggi le lettere di tua madre, la risata sincera che regali ai tuoi pochi amici – allora era vero che lo spiava, e cos’era quell’urgenza nella sua voce? Aveva notato le mani di lei stringersi e sfregarsi tra loro e sui polsi sottili come per darsi conforto ed allentare la tensione. Sarebbero state fredde come le sue? – Ho  fatto i conti con tutto quello in cui ho sempre creduto, ho fatto i conti con i tuoi comportamenti verso di me e con i miei nei tuoi confronti e solo pochi giorni fa ho realizzato che questo non sei tu. – aveva preso un respiro profondo, lo sforzo traspariva e si irradiava da lei – Le persone cambiano, ma in fondo rimangono le stesse>> Era ipnotizzato dalle sue parole, perso in quegli occhi sgranati da qualcosa che non riusciva a riconoscere, gli occhi fissi a guardare un punto oltre quelle labbra tremanti che si stavano chiudendo in una linea dritta, controllata – era perché aveva finito di parlare? – solo quando l’aveva vista muoversi si era riscosso, recuperando l’equilibrio mentale per fermarla, ma lei l’aveva stupito ancora estraendo dalla borsa un pupazzetto malconcio: un angioletto bianco coi capelli biondi come i suoi.
Il ricordo gli era piombato tra i pensieri come un sasso in una pozza immobile, spandendoli in giro, confondendo la superficie, ma creando cerchi concentrici tutti intorno a lei.
Lei bambina di fronte a lui.
Lei nel vagone del treno con un sorriso che era stato in grado di cancellare con una sola parola. Mezzosangue.
Lei con quel vestito color pervinca.
Lei in lacrime.
Lei mentre lo colpiva con quel pugno che si era sempre meritato.
<< Pochi giorni fa mia madre mi ha mandato questo chiedendomi se me ne ricordassi, è stato il mio gioco preferito fino a prima del mio arrivo qui. Appena l’ho visto ho capito, – si era lasciata scappare un sospiro a nascondere il ricordo di un sorriso sul suo viso – le  mamme sanno sempre tutto ancor prima di noi. Per questo sono qui, ma ti avviso, avrai solo questa occasione. Quella volta sei stato trascinato contro la tua volontà, ora puoi scegliere >> Aveva fatto un passo indietro, come se fosse pronta a scappare da lui, gli occhi spalancati incapaci di reggere il suo sguardo.
<< Cosa mi stai domandando, Mezzosangue? >>
Un altro passo indietro e inaspettatamente – era Grifondoro dopotutto, il coraggio era il suo pane – l’aveva fissato dritto in faccia, una combattente pronta a scoccare le sue ultime frecce.
<< Di scegliere tra quello che sei davvero e quello che sei stato costretto a diventare. C’è ancora speranza, soprattutto a Natale >>
Aveva appoggiato il pupazzetto su un lavandino e se n’era andata lasciandolo stordito, i cerchi che si allargavano nella sua mente sempre più grandi e leggeri, spazzando via ogni sua convinzione e regalandogli una superficie nuova. Una parte di lui, quella vigliacca e ostinata, cercava di ribellarsi premendo forte dentro di lui per rompere lo specchio sotto il quale lei l’aveva confinata. Aveva allungato le dita verso l’angioletto e quando, tra le sue mani, i capelli avevano cambiato forma e colore, aveva capito.

Erano passati due anni da allora, due anni difficilissimi, due anni in cui lui e sua madre si erano dovuti nascondere, costantemente sotto la protezione dell’Ordine, ma ora era finita, poteva andarsene in giro relativamente tranquillo.
Stava arrivando, la percepiva sempre come una leggera onda sottopelle diretta ad avvolgergli il cuore di calore, lasciando le mani agitate a raffreddarsi ulteriormente, lei le avrebbe sentite quando l’avrebbe stretta e avrebbe capito.
Aveva imparato a dirglielo con i gesti più che con le parole.

<< Che freddo fa!>> gli aveva sbuffato una nuvola di fiato caldo e profumato di caffè dritta in faccia <<Malfoy, perché a quest’ora impossibile? Non c’è ancora nessuno!>>
Aveva sorriso come faceva solo con lei <<Mezzosangue… le persone importanti sono già arrivate>>.
Aveva imparato ad usare anche le parole per lei.
Si era accorta dell’angioletto tra le sue mani e aveva sorriso, di quel sorriso “impossibilmente grande per qualsiasi altro viso che non fosse quello di lei”. 
Si era affrettato a far suo quel sorriso con un bacio << Buon Natale >>.

Lui, l’ombra tra i capelli e dentro di lei.
Lei, la luce nella testa e nel cuore di lui.

  
Note: il titolo è ovviamente un omaggio alla splendida canzone dei Coldplay. So che ‘impossibilmente’ non esiste come parola, ma mi prendo la licenza poetica! Ringrazio le Blue Ladies per la splendida idea e per avermi costretta a scrivere una scemenza anche questo Natale. Grazie a Francesca, Chiara e alle ragazze (voi sapete chi) per i primi pareri, le correzioni e per avermi spronata a fare tutto questo. Un grazie speciale alla mia (che confidenza) Morgana per la presenza, gli insulti, le risate e l’infinita pazienza che dimostra sempre con me. <3

3 commenti:

  1. Grazie a te per avermi dato la possibilità di leggere in anteprima questa storia, dolcissima e perfetta per il clima natalizio che sto raggiungendo anche per merito tuo.
    E' una piccola perla di speranza e positività che mi attacco all'albero.

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  2. Tenera, piena di speranza e di amore, soffusa di un'aura lieve e dolce, insomma tutto quel che ti aspetti da un racconto di Natale. Complimenti e grazie per questa storia.

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  3. @Mirya: grazie, ancora ed ancora. Tu sai quanto vorrei venire io ad attaccarmi sotto al tuo albero (ahahaha che brutta immagine)! Un abbraccio
    @Carlotta: grazie mille a te!! Sono contentissima ti sia piaciuta :)

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