Dramione

Dramione

lunedì 12 dicembre 2011

Quello che vorreste sapere di un'autrice.

L'intervista a poison spring

A cura di Venenum e Morgana.



Siamo qui con Poison Spring, splendida autrice di Dramione, che ha iniziato la sua carriera da fanwriter con “La Bellezza del Demonio”; storia che ha certamente catturato l’attenzione di molti, dato il suo impeccabile stile. Impossibile trovare una sbavatura nei suoi scritti, che si distinguono da ogni fan fiction mai letta prima d’ora! Poison è molto conosciuta, oltretutto, per la sua immensa cultura. Infatti, in ogni sua storia, è possibile trovare citazioni degne di essere ricordate; da Fabrizio De André ai Beatles, Poison dimostra di avere un animo profondo per utilizzare tali frasi in contesti che solo lei sa rendere davvero unici.

Poison, che effetto ti ha fatto pubblicare il prologo de “La Bellezza del Demonio” quando ancora nessuno ti conosceva? E quale sono state le tue reazioni dopo il primo “bagno di lettori”?

Questa te la racconto: erano le 4 di mattina, era agosto e io ero nel pieno della mia insonnia estiva. Ho revisionato quel maledetto prologo sei volte prima di cliccare il pulsantino "aggiungi". Immaginami di notte, col caldo, il ventilatore, un pacchetto di sigarette mezzo vuoto e la gatta in braccio. Sono un cliché vivente.
Insomma, era come il momento prima di tuffarsi dal trampolino, quando ti sforzi di non guardare giù, perché l'altezza è spaventosa, ma l'acqua, eh... l'acqua è di quel blu che ti fa desiderare di immergerti e scoprire a quali profondità possa condurre, un blu così profondo.
Il giorno dopo avevo tre recensioni. TRE, no dico, TRE! E una era persino lunga.
Sono quasi caduta dalla sedia!

Sei su EFP da un anno e mezzo, quasi, ma in giro ormai tutti ti conoscono: immagino che questo sia motivo di grande onore per te! Ma scavando dietro Poison Spring, cosa ci racconti della tua vita da fanwriter? Hai uno scheletro nell’armadio di cui vorresti sbarazzarti? Una pecca che ancora oggi ti rende titubante riguardo alle tue storie? Dietro alla maschera della perfezione… che cosa si cela?

Una paranoide con manie di perfezionismo e un lieve disturbo narcisistico, essenzialmente. Se dovessi scegliere uno scheletro sarebbero certi cliché che mi sono scappati nella BdD. Ma non sono proprio nell'armadio ecco, sono sotto gli occhi di tutti in realtà.
Il mio timore è sempre quello di essere troppo celebrale, troppo verbosa. E soprattutto maledettamente autoreferenziale, mi compiaccio di me stessa quando scrivo certe cose e poi tant'è mi chiedo se non sia tirare troppo la corda. Ma alla fin fine sono troppo vanesia per pentirmi.
In realtà c'è una cosa di cui potrei vergognarmi: scrivevo "su" con l'accento.

La trama de “La Bellezza del Demonio” è molto intricata e al contempo semplice e singola; oltre a tenere il lettore appassionato fino alla fine, sei riuscita a non distoglierti troppo dalla relazione sempre crescente di Draco e Hermione né dal punto centrale della storia. E allora ci chiediamo: da dove è nata l’idea di questa fan fiction? Ma soprattutto: quanto tempo e sudore ti è costato per mantenere il tuo canon? “Per amor del Canon” è stato solo un angolo o qualcosa di più? E’ servito a giustificare le tue scelte?

Ero nella mia fase acuta "leggiamo fan fiction Dramione". Leggendo leggendo, mi sono venute delle idee che si sono intrecciate con altre idee: tanto per cominciare, io volevo un Draco e una Hermione che potessero essere "non proprio quelli che avevamo lasciato alla fine di Deathly Hallows". La soluzione più semplice, mi pareva, era ambientare il tutto qualche anno dopo. Il resto si deve alla mia prima passione letteraria: i gialli. Volevo una storia che avesse una trama ed è stato immediato pensare ad un intreccio di quel tipo. Poi piano piano ci ho inserito tutte le mie manie, come il fatto che nessun personaggio comparisse per caso e venisse abbandonato a se stesso, le citazioni tematiche, i cicli narrativi.  Il Canon per come lo intendo io è stato semplice da mantenere, in realtà: ritengo che rispettare i fatti pregressi sia essenziale, a meno di non voler esplicitamente creare una sorta di storyline alternativa. Credo di aver mantenuto anche molti dei tratti dei personaggi originali, pur deviando dove li volevo, appunto, cresciuti. Per amore del Canon è uno stile di vita, se intendi il Canon a modo mio. Non volevo Hermiglia, la gnocca che sbatte le ciglia, e nemmeno Drameo, perché sei tu Drameo. Quando parlo di Canon intendo la struttura base - un personaggio che ha un passato non deve per forza restarci ancorato a vita, l'importante è tenerlo presente e dare delle motivazioni plausibili ai cambiamenti - e soprattutto intendo sottolineare che io il Canon lo conosco, perché una delle accuse più frequenti alle autrici Dramione è: ti inventi le cose, non sai di cosa parli, ma li hai letti i libri? Non ho mai sentito la necessità di giustificare le mie scelte, piuttosto quella di farle capire. Tendo ad essere complicata, a rimuginare, a teorizzare: dire al lettore "ehi, guarda: questa cosa ha una ragione d'essere ed è questa" mi serviva a stabilire una comunicazione, a facilitare la comprensione e a, non lo so, evitare le domande cretine, certe volte!

In un capitolo  de “La Bellezza del Demonio” hai citato Fabrizio De André, con la frase “Ma la divisa di un altro colore”, tratta da “La guerra di Piero”. Pensi che questo sia uno dei punti cruciali della diversità tra Draco e Hermione? Nella canzone si parla di uomini pari, eppure con ideali discordanti: era questo il concetto che volevi marcare?

Non solo: ci sono molti aspetti nella canzone di Faber e sono, credo, gli stessi che ho voluto rimarcare io. Tanto per cominciare, la Guerra di Piero è appunto una guerra. Una guerra che due soldati si trovano a combattere "l'un contro l'altro armati" senza aver scelto il proprio nemico. Chi può dire se Piero e quell'altro, magari, conoscendosi senza divisa, non sarebbero diventati amici? Magari si sarebbero piaciuti. Un altro aspetto è che non va mai giudicato un libro dalla copertina. Che non si demonizza a prescindere solo perché "mi hanno detto che". Le persone vanno considerate per quello che sono e pertanto vanno conosciute. C'è poi un concetto ancora diverso: smesse le divise, siamo uguali. Smesse le divise, amiamo dello stesso amore, abbiamo la stessa paura e le nostre lacrime sono salate, così come il nostro sangue - appunto - è rosso, che siamo Gryffindor o Slytherin, Pureblood o Mudblood.

Sei un’autrice che ha dimostrato di saper scrivere anche flash, ad esempio, in “Senza trama e senza finale” ci presenti un amore intatto e consumato. Come mai hai lasciato che Hermione si cullasse in quella sensazione di vuoto e di pieno, di inchiostro ma anche di fogli bianchi? Hai cercato di dare loro una storia senza fronzoli e pericoli per dimostrare che possono stare insieme anche senza una spada di Damocle che pende sulla loro testa?

È interessante vedere come da una flash si possano trarre impressioni tanto diverse. Quella storia parla di un amore interrotto, riprendendo in effetti la flash precedente - verranno a chiederti del nostro amore - ma, appunto, in quanto senza trama anche senza possibilità di avere fine. Nella mia testa, Hermione guarda il mondo senza vederlo, perché fuggendo da lui - da quella sensazione di incompletezza data dall'assenza di un canovaccio nella loro relazione - cerca altrove, senza trovarlo, ciò che le mancava. E allora, solo allora, capisce.  Non so se potrebbero mai innamorarsi senza essere alle strette. Credo però che, consolidata la relazione, potrebbero avere persino un bel finale. Tutto sommato se lo meritano.

In “A very Malfoy Christmas” troviamo Draco ed Hermione alle prese con il loro figlio, Lucas, un bimbo piuttosto vivace. In questa OS vediamo anche un ‘nuovo’ Lucius, per così dire; letteralmente innamorato di suo nipote. Questo è il Lucius che ti immagini? Credi che, Lucius, ami suo nipote in un modo così esplicito perché sa di non essere stato così affettuoso con Draco?

Ma no, è che è invecchiato e dunque si è rammollito un po'. Battute a parte, non sono nemmeno dell'idea che Lucius sia padre burbero e cattivo. È sicuramente esigente col figlio, ma diciamoci la verità. Draco era un bimbetto viziato e non credo lo sia stato solo in virtù di Narcissa. Ecco, a proposito di Cissa: credo che una parte nell'evoluzione di Lucius nel ciclo della Bellezza si debba a lei. Ha rischiato di perderla e l'ha ritrovata, in fondo, grazie al figlio e alla Sanguesporco che, tra l'altro, gli ha pure dato un nipote che porta quasi il suo nome. Sfido chiunque a non rammollirsi almeno un po'!

Abbiamo saputo da qualche uccellino che stai lavorando a un forum tutto tuo. Ovviamente noi ti seguiremo con moltissima ansia e non vediamo l’ora di scoprire tutto a riguardo. Frattanto che attendiamo l’apertura del tuo nuovo posto di ritrovo, vorresti svelarci qualcosa? Cosa troveremo? Noi speriamo, naturalmente, di leggere il seguito di PoB.

Il punto cieco, si chiama così in nome del romanzo di Orwell, 1984. È il punto in cui le telecamere del Big Brother non ti raggiungono. Il pezzetto di muro dove puoi essere te stesso. Ci saranno tantissime cose: innanzitutto le mie fanfiction e quelle di chiunque vorrà pubblicare lì, poi un'area discussioni, una di critica e molte altre. Ovviamente siete tutte invitate. È ovvio che PoB ci sarà.

Path of Blood. Un fantastico titolo per una fantastica fan fiction! Come ti è venuta l’idea per questa ff? Insomma, per i pochi capitoli che abbiamo letto, si capisce che hai intenzione di attenerti ai libri il più possibile… deve esserci una trama complicata, dietro! Tornerai a scriverla? E' il sangue a unirli in questa fan fiction? Ma soprattutto: sarà il sangue a dividerli e a compromettere la loro relazione?

A me le idee vengono sempre in modi cretini: nella fattispecie, stavo giocando a Call of Duty. Un tizio mi ha accoltellata e io ho iniziato a dirgli "sectumsempra, sectumsempra". Così mi sono messa a pensare al capitolo omonimo di HP e "cosa sarebbe successo se". Il resto è storia. Non ho mai smesso di scriverla, in realtà, anche perché ce l'ho in testa fissa e dopo tutto quello che ho sudato per metter giù la trama non intendo lasciarla incompiuta. È il sangue ad unirli... non lo so, immagino che possa essere. L'amore finisce sempre in sangue, dice King in "The Stand". In qualche bizzarro modo, il sangue di lui sul pavimento li ha fatti trovare. Il sangue di altri li costringerà ad alcune scelte. Il sangue di lei forse li unirà, forse li dividerà. Forse entrambe le cose, in momenti diversi. E poi c'è il sangue delle vittime della Guerra.

Siamo tutte curiose di sapere un tuo particolare. Quando scrivi, quando l'ispirazione arriva, come reagisce poison? Sigaretta, caffè e sciarpa verde-argento al collo pronta a combatterla? O altri rituali che noi non conosciamo?

Sigaretta e caffè sempre. Di solito comincio a prendere appunti volanti, perchè arriva nei momenti sbagliati quasi sempre. Alla peggio mi rigiro le idee in testa, ruminandole alacremente finché non trovo cinque minuti per buttarle giù.

Un romanzo nel cassetto? Lo abbiamo tutti, anche la magnifica poison spring lo avrà! Ci rendiamo certamente conto di essere inopportune, ma… un piccolo indizio? Sarà una storia d’amore o un romanzo d’avventura? Cavalieri e draghi o Teletrasporto e robot? Fin dove si sono spinti i tuoi sogni di scrittrice?

Verso l'infinito e oltre? Il libro nel cassetto... mi dicono sia fantascienza. Né draghi, né cavalieri, né robot.  L'unica cosa che posso dirvi è che il tema del sangue misto sarà presente anche lì.

Sappiamo che poison spring è un ossimoro, ma non sappiamo di quale pasta è fatta dietro a quell'ossimoro. Tenace? Combattente? E' un uragano che non si arresterà mai? Chi è davvero poison spring?

Io resisto. Sono una resistente nel senso più profondo, è qualcosa che ho ereditato dalle generazioni passate. Credo nel valore della Resistenza, di fronte a tutto e tutti. Sono stabile, mi altero di rado, mi faccio toccare da poche cose. Qualche volta vado in pezzi, ma fortunatamente ho sempre un paio di buoni motivi per rimetter tutto assieme. Credo di essere, per alcuni versi, il mio Draco. Il serpente sotto la pietra, il drago che sputa fiamme solo per qualcuno, per qualcosa in cui crede. Ho un'indole abbastanza anarchica, sono naturalmente dissacrante. Tra chi veste da parata, vesto sempre una risata. Per quello non duro a lungo in posto solo.

Ma parliamo di poison spring nella realtà! Vuoi dirci che lavoro fai? O studi ancora? E l’amore ha bussato alla tua porta? Magari sotto le spoglie di un Malfoy!

Programmatore di giorno, aspirante scribacchina di notte. Faccio siti internet, sono sottopagata - come tutti - e vivo sola, con Cippi, la micia. Per quanto riguarda l'amore, bussa da "cent'anni ancora" alla mia porta. Non sa leggere: fuori c'è scritto "chiuso per ferie". Il fatto che abbia un ragazzo alto biondo e straniero poi è, come dire, un dettaglio irrilevante.


Poison, grazie mille per il tuo tempo e per le tue risposte, sei stata gentilissima! Ci vedremo presto, ma per ora ti lasciamo alla tua vena creativa, il tuo stile verboso e ai tuoi “sù” che amiamo tanto. E’ stato un vero piacere poter parlare con te, ci hai dato delle magnifiche risposte… non ci aspettavamo altro!
Qui trovate il link del nuovo forum di poison spring, gestito da lei e altre due sue amiche: http://ilpuntocieco.altervista.org/forum/

venerdì 9 dicembre 2011

Cliché... o Casché?

A cura di Venenum e LyliRose

E’ una domanda che molti autori, compresa io, dovrebbero farsi. Perché la differenza tra cliché e casché è labile.
Nel gruppo Blue Ladies abbiamo chiesto quali sono i vostri cliché preferiti e quali, invece, vi esasperano, non vi piacciono affatto.
La verità è che possiamo reinventarli. Possiamo scegliere di usarli o accantonarli.
E noi siamo lì, tra tempeste e burrasche, a chiederci: “La pozione? L’hanno già utilizzata in cento. Sesso nella stanza delle necessità? No, no, meglio di no. Se solo i muri potessero cantare! Ma se lo facessi diverso?”.
Qui cadiamo.
E’ bello poter pensare di cambiare la legge del cliché.
Possiamo personalizzarla, però. Possiamo renderla nostra.
Perché, ammettiamolo, quanti di noi hanno bramato di far ritrovare Draco e Hermione in situazioni già sfruttate, ma aggiungendo un pizzico della nostra fantasia?
Io sono una lettrice di Dramione da un anno, ne ho viste di cotte e di crude, e spesso mi sono ritrovata a leggere storie che assomigliavano ad altre storie. Non per lo stile, ci mancherebbe, ma per quel cliché che si intrufola nella nostra mente: preme per uscire, per essere trasferito su carta.
Preme per farci cadere.
In dodici articoli vi daremo la possibilità di evitarli, ne discuteremo e cercheremo di evitare il casché, per votarci al cliché puro.
Di seguito vi riporterò le mie risposte alle domande.
Io, lo confesso, non ho un cliché preferito. Sono una autrice e una lettrice che va molto a naso, che difficilmente si lascia atterrire dal cliché, perché, appunto, mi piace esplorare la diversa introspezione delle storie.
Però, se dovessi sceglierne uno, direi che adoro i balli – che non necessariamente si devono svolgere a Hogwarts.
Mi è affine questo modo di approcciarli, anche se non l’ho mai utilizzato come autrice: perché ogni cliché, attenzione, va trattato con il massimo rispetto. Deve essere approfondito.
Quello che, invece, mi rende piuttosto nervosa, è il cliché del Draco che con uno sguardo ha l’abilissima – e pertanto indubbia – capacità di fornicare con i tre quarti di Hogwarts, tranne i Grifondoro, loro sono agnelli.
(Eh? Aggiungerei io, quelle povere ragazze non sono mica condannate a essere monache di clausura!)
Ma vediamo di approfondirli per bene, per capire quale dei due, in realtà, è davvero una piaga della coppia.

  1.          Il ballo. E’ romantico, non credete? Ma in una storia dove l’IC comanda, come tentare di rendere questo cliché abbastanza interessante? Ci sarebbe anche da dire che a Hogwarts non si danno balli o feste, a parte occasioni rare.  Per questo prima vi dicevo di usarlo con estrema attenzione. Una delle fan fiction che ha usato questo cliché in maniera superba è certamente “Il ballo del giglio” di Lady Kirahm. L’espediente del ballo si è rivelato fondamentale per la trama e per l’avvicinamento. Ma non solo: la fan fiction ruota attorno a questo bellissimo cliché, che l’autrice ha reso perfetto e personalizzato, come dicevo prima. Quindi sì, diamo il via al ballo, ma soprattutto all’originalità, evitando il casché, che è pure tremendo, e valorizzando la Dramione.
  2.       Draco: Dio del sesso o codardo Mangiamorte? Questo espediente, secondo parere unanime, è molto sfruttato dalle adolescenti, che in Draco vedono quella parte oscura a cui tutte anelano nei sogni proibiti. Il mio parere è che questo non è solo un cliché, ma anche una caratteristica che in Draco, nei libri della Rowling, non abbiamo mai visto. Quindi, chiunque voglia utilizzarlo, saprà già in partenza di dover segnalare l’OOC. Il che non è un male, ma soltanto una visione che cambia di autrice in autrice; ognuno può sviluppare e rendere un personaggio preferito come più gli aggrada, senza doversi giustificare. Semplicemente dovrebbe spendere tutte le energie a far comprendere ai lettori come mai Draco sente spesso il bisogno di rifugiarsi nel letto delle ragazze – Mezzosangue, Purosangue o Babbane che siano, l’importante è specificare, rendere chiaro il punto di rottura del suo consueto carattere. In questo caso mi sento di segnalare una storia eccelsa, che sicuramente farà riflettere molti di voi: “The Libertine” di Starfi mette in risalto tutto ciò che nelle fan fiction non va, e lo fa in modo assolutamente geniale.

Di Venenum


Hermione: Angelo o Demonio?

La Dramione è di certo una delle più intriganti storie che possano essere raccontate, almeno per noi. Quando una nuova autrice inizia la sua avventura di composizione di solito si butta con ardore sulla caratterizzazione dei personaggi e sulla stesura di una trama; delinea paesaggi e luoghi magici, crea situazioni favorevoli ad una coppia che più che incontrarsi deve scontrarsi, ma prima o poi deve fare i conti con due dei più grandi cliché di tutti i tempi: paradiso o inferno? Come rendere il personaggio di Hermione al suo meglio? La mia protagonista sarà una donna spigliata e navigata, o una povera verginella in cerca di aiuto?
Ci sono differenti gradazioni nella tavolozza delle fan fiction; c’è chi pensa che bianco e nero siano talmente distanti da essere antitetici e allora opta per la soluzione estrema, chi invece mischia con maestria questi due cliché creando personaggi terribilmente complessi.
Innanzitutto c’è chi la dipinge totalmente ed assolutamente ligia alla sua tragica situazione di illibatezza. Un’Hermione devota solo a libri polverosi e pergamene fresche di giornata, le mani perennemente macchiate d’inchiostro e la testa immersa tra le pagine. Questa rara specie di ragazza di solito ha un’età che può variare tra i sedici e i trent’anni; la cosa, per molte di noi, ha il sapore della barzelletta raccontata alle amiche al bar: c’era una volta una ragazza che a ventinove anni aspettava ancora quello giusto. “Svegliati, tesoro!” direbbero le suddette amiche ridacchiando. “Se esistesse un principe, ti giuro che l’avremmo trovato!”
Nondimeno c’è chi sceglie di tagliare la testa al toro e fa di Hermione una squillo; spesso nel vero senso della parola, sradicando il personaggio dal caldo e confortevole contesto di eroina e rendendola una donna come tante, che stenta ad andare avanti. Questa Hermione desta di solito reazioni del tutto contrastanti: c’è chi ama la drammaticità del personaggio e s’immedesima in lei e chi urla allo scandalo. Bacchettone a parte, la scelta forte di queste autrici è un’arma a doppio taglio; per tornare all’esempio delle chiacchiere da bar, se avessimo un’amica in quella situazione sicuramente la compatiremmo e cercheremmo in ogni modo di aiutarla, per contro se fosse una qualunque saremmo già là a spettegolare di fronte ad un Martini di come riesca a premettersi  borse che noi ci sogniamo la notte.
In mezzo, invece, troviamo una molteplicità di sfumature che vanno da spigliata ragazza a seria fidanzatina, passando per la massaggiatrice erotica, quella che mette gli annunci sul giornale, gli stessi su cui l’occhio dei nostri ragazzi cade sempre troppo spesso. Chi sceglie di diluire in questa maniera le tinte forti, spesso si trova a dover gestire situazioni così complicate che, se capitassero nella vita reale, ci vorrebbe altro che un Martini per buttarle giù. Questa tipologia di personaggi è di sovente molto complessa e più ci si avvicina all’equilibrio perfetto, più ci si mette le mani nei capelli freschi di piega da cinquanta euro più iva.
Personalmente credo che la verità stia – soprattutto in senso letterale – nel mezzo, ed ho sempre cercato di edulcorare l’esperienza con la fedeltà, la spigliatezza con l’intelligenza ed i giochini erotici con le carezze amorose. A tutti piace il sesso, anche alle famose bacchettone di cui sopra, ma dove si deve fermare la fantasia e dove deve entrare in gioco la veridicità? Scrivendo in un fandom come il nostro si tende troppo spesso a pensare che tutto sia possibile, anche (e soprattutto)  nelle fan-fiction, ma la cosa rischia di trasformare il piacere della lettura in una strana sensazione alla bocca dello stomaco che ci dice che, seppur bello, eccitante o intrigante, questo scenario è solido come un castello di carte.
Lasciando posto alla vox populi però, vorrei sapere come la pensate voi: lettrici, scrittrici ed indecise. Vi aspetto dunque al solito tavolino del bar, con l’aperitivo pronto e la chiacchiera veloce, per sapere se anche voi credete che la barista nuova se la faccia con l’untuoso omino del tabacchi di fronte, e se Hermione debba o no concedere al povero Draco una notte di puro fuoco.
Di LyliRose


Cliché o Casché? Le vostre risposte!

Come forse ho già detto in privato a Serena, adoro il cliché della litigata fra Draco e Hermione prima della loro "prima volta", mentre non sopporto gli occhi di Draco che da grigi diventano neri per la passione...
Di Caterina Vacchi

Adoro l'appellativo Mezzosangue, detesto profondamente l'abitudine di descrivere la famiglia Malfoy come dei degenerati maltrattatori della loro prole.
Ah, anche quella di descrivere Hermione con gli occhi dorati, che incontrano l'argento di quelli di Draco. Mi urta un po' i nervi.
Di Arwen Eli

Concordo con Arwen: il mio preferito è l'appellativo di Mezzosangue... invece quelli che non sopporto sono troppi, non riuscirei nemmeno ad elencarli tutti, ma uno potrebbe essere "Lucius e Narcissa che non vogliono bene a Draco -.-" ma vaaaa :/.
Di Ross Ana Efp

O peggio ancora che picchiano Draco. Secondo me Lucius e Cissy sono dei buoni genitori. u.u (ecco, questo è un cliché che odio anche io).
Invece mi piace un sacco il fatto che gli occhi di Draco siano descritti come "color tempesta": lo so che è ridicolo, ma mi piace. xD
Di Sara Folio

Adoro immaginare un Draco figo, rubacuori. Il conquistatore maledetto (anche se poi nelle storie non lo ritraggo mai così)
Odio i capelli boccolosi e gli occhi color caramello di Hermione.
Di Lena Guatteri

Io quoto in pieno per quanto riguarda i Malfoy Ross Ana Efp e Arwen Eli, mentre quello che mi piace è Draco perfido, malvagio e Death eater ♥.
Di Anna Amenduni

Il cliché che adoro l'ho scritto nella risposta al questionario, ma credo che non valga molto. XD
Quello che non sopporto, ancora più dei boccoli caramellosi e gli occhi dorati come galeoni, è Hermione verginella che non sa nemmeno cosa ci sia sotto la sua divisa e Draco pornostar.
Quello che adoro è... il cazzotto! Eh dai come fa a non essere un cliché?!
Se non conta punto tutto su Cissa come una brava madre per Draco.
Di Shona Efp

Adoro l'appellativo di Mezzosangue per Hermione e odio la convinzione che Narcissa Malfoy NON ami suo figlio.
Di Elena Cioce

Mi piace lo sfruttare situazioni che costringano Hermione e Draco a passare in qualche modo del tempo insieme, mentre non sopporto la stereotipizzazione e la semplificazione dei personaggi, del tipo che leggi il nome 'Draco' e sai già che necessariamente sarà figo, bello, dio del sesso mentre Hermione improvvisamente (dopo aver bevuto per sbaglio – evidentemete – una bottiglia di Tricopozione Lisciariccio), ha i capelli boccolosi e setosi, occhi cioccolatosi, carammellosi, dorati e labbra fragolose, cilieggiose, mielose.
Un po' ci sta, ma troppo è esagerato. E mi fa venir fame! XD
Di Sophie Efp

Partiamo da quello che non sopporto proprio: Draco che da anni è innamorato perso di Hermione , mentre adoro il Draco, bastardo, figo da paura che si è fatto mezza Hogwarts. (tutte purosangue naturalmente ;))
Di Sara Ferretti

Il problema con loro due è che proprio come coppia sono già un cliché, il fatto che si siano odiati per anni e si scoprano innamorati è il più classico di tutti i cliché e il mio preferito. Non considerano questo, però, a me piace Draco geloso e possessivo, e non mi piace Ron pappamolle e deficiente che viene descritto in quasi tutte le Dramione!
Di Acqua Efp

Uh, ma ce ne sono troppi su entrambi gli schieramenti!
Dovendo scegliere... Adoro il cipiglio snob e aristocratico di Draco e purtroppo devo dissentire con alcune delle ragazze qui presenti, tra i cliché che non mi piacciono c'è proprio l'appellativo "Mezzosangue" utilizzato come nomignolo affettuoso!
Di Giulia Acardia

Beh, vediamo... un appellativo che amo sia detto a mo' di offesa sia come nomignolo è "Mezzosangue"... non so ne perché né percome ma mi è necessario ;)
Un cliché che odio è lui che un giorno si sveglia, la vede e subisce l'illuminazione divina (senza che l'autrice spieghi il perché) e la prende e sbatte al muro.... con il suo consenso poi! O.o Maddaiiiiii.....
Di Zafry Efp

Come ho scritto a Ivana, quando si tratta di cliché non so che dire, perché comunque non mi fanno né caldo né freddo... e più ci penso più non mi viene in mente qualcosa che possa mandarmi in bestia, l'unica forse è un'Hermione un po’ troppo verginella che non sa che deve fare... però mi rendo conto che non mi manda tanto in bestia il fatto in sé, ma il com'è descritta la scena! Ho come l'impressione di essermi spiegata come un libro chiuso... O.o
Di Gemellina

Allora, non ho letto tutti i commenti, ma per quanto mi riguarda posso dire di apprezzare molto il mutamento della valenza di "Mezzosangue". Se prima era un insulto, a poco a poco diventa un nomignolo quasi affettuoso per lui, un nomignolo strano e contraddittorio, certo, ma d'altronde stiamo parlando di Draco.
Un aspetto che mal sopporto invece, è quando l'autrice tenta di giustificare il caratteraccio di Draco (perché Draco ha un caratteraccio, è fuori di dubbio) descrivendo la sua infanzia "difficile", come se i suoi genitori non lo avessero mai amato e lo vedessero come un oggetto. Per carità, come dico sempre, alla fin fine ogni cosa dipende dal contesto, ma in generale sono questi gli aspetti che ho voluto evidenziare.
Di LadyEl

Mmm, diciamo che mi piace l'idea del sangue come veicolo tangibile del cambiamento: Draco che accetta il sangue "impuro" di Hermione, che sia sangue virginale o qualsiasi altro tipo... e mi accodo a chi apprezza il cambiamento di valenza del termine "Mezzosangue". Detesto invece quando Ron viene dipinto come un idiota o come lo stronzo di turno, tanto per levarlo di mezzo, o quando i Malfoy vengono dipinti come genitori degeneri. Narcissa ama e venera suo figlio e anche Lucius a modo suo lo ama profondamente, quindi perché far passare Draco come loro vittima?!
Di Emily Alexandre

Non amo i cliché a meno che non siano raccontati davvero bene (il che oggigiorno è sempre più difficile trovare) ma confesso che quello a cui non posso rinunciare è il Draco stronzo, "tutto battutine" e geloso. Quelli in assoluto che non sopporto invece sono quando raccontano di Draco con un'infanzia felice (Draco è stato amato tantissimo dai genitori) e sicuramente l'Hermione verginella e tutta compiti e niente uscite.
Di Books

Il cliché che adoro di più (e che mi è venuto in mente solo adesso) è il bacio di Hermione sulla cicatrice/marchio/tatuaggio sul braccio di Draco, gesto molto significativo a mio parere.
Il cliché che odio è Hermione Regina (?) dei grifoni e Draco principe (?) delle serpi. (:
Di Rebecca Swan

Violet Hill

di Alessandra – Sily85


Pairing: Draco/Hermione
Rating: Verde
Genere: Romantico









“You know he couldn’t see
That she could be his everything
Bringing light to everything now”
Crossfade - Broken like an angel



La neve volteggiava leggera disegnando la sua figura immobile mentre, intorno a lui, i mattinieri espositori si affaccendavano alle bancarelle, chiacchierando tra loro per cercare di combattere il sonno e l’intorpidimento provocato dal freddo.
Una mano era stretta intorno al pupazzetto rattoppato, l’altra intorno alla bacchetta nascosta nella tasca, in attesa. Un ricordo gli si affacciò alla mente, cancellando, per qualche istante, il mondo circostante.

Aveva cinque anni e teneva stretto l’orlo impellicciato del mantello del suo papà, quasi correndo per stargli dietro mentre lui si faceva rapidamente largo tra la folla. Era la vigilia di Natale e ancora non capiva cosa ci facessero in mezzo a tutta quella gente. “Sporchi stupidi babbani” aveva sentito papà borbottare a bassa voce mentre si preparavano ad uscire da casa. La mamma si era chinata a stringergli la sciarpa intorno al collo dicendogli di fare attenzione, un dolce sorriso ad illuminarle gli occhi velati dalla febbre. Lui aveva annuito serio mentre l’eccitazione lo pervadeva rendendo le sue mani più fredde; l’aveva baciato teneramente sulla fronte e lui si era lasciato cullare dal suo profumo di casa. Poi si era alzata con grazia, richiamata dalla voce di papà:
 << Dobbiamo proprio? >>
 << Sì, hai perso la scommessa Lucius. Accettane le conseguenze! >> Lei aveva riso, una risata gioiosa come mille campane, avvolgendo più stretta la vestaglia intorno al corpo magro e flessuoso.
Papà l’aveva stretta sorridendo e l’aveva mandata verso il camino a riscaldarsi. Poi si era girato verso di lui: << Pronto? >> Il luccichio felice nei suoi occhi era bastato come risposta.
Papà si era fatto sempre più nervoso man mano che si avvicinavano alla loro meta e, quando avevano raggiunto il mercatino natalizio, era teso come una corda di violino. La bancarella che cercavano era in fondo e, per quel motivo, ora gli si aggrappava forte al mantello, per non perdersi nella mischia. Le risate delle persone che li circondavano erano una musica quasi sconosciuta per lui, che non era mai stato in mezzo a tanta gente così felice. Non che a casa non ridessero, anzi, in quel periodo dell’anno era sempre divertente gironzolare per casa mentre la mamma si dava da fare con le decorazioni – non lasciava mai agli elfi domestici quel compito –, ridendo e prendendo in giro papà che cercava di fare il burbero con scarso successo. Ma gli amici dei suoi erano tutti talmente seri, quei mantelli neri lo spaventavano. Conosceva pochi bambini, così quel turbinio di sorrisi, canti natalizi, gente che si scontrava e si scusava ridendo lo lasciava a bocca aperta. Gli occhi non sarebbero mai stati abbastanza grandi da raccogliere tutte quelle sfumature di luce e colore, le orecchie abbastanza sensibili per percepire e registrare ogni rumore di quell’allegra baraonda ed il suo naso abbastanza allenato per distinguere quella miriade di odori. C’era un profumo da far venire l’acquolina in bocca: mele caramellate, castagne arrostite, bacchette di zucchero, zenzero e cannella e infine eccola … la bancarella per cui avevano fatto tutta quella strada. Il venditore del vischio era un vecchio mago, “Sciocco babbanofilo” l’avrebbe definito suo padre con disprezzo, ma le sue ghirlande incantate intrecciate con l’agrifoglio erano immancabili persino a casa Malfoy. Anche i babbani facevano la fila alla bancarella, attratti dai colori accesi le  bacche rosse e bianche come perle, le foglie lucide come fossero state incerate dalle fate , attratti dal profumo fresco e pungente che si spandeva intorno e non svaniva praticamente mai. 
Lucius gli aveva raccomandato di non allontanarsi mentre si metteva in fila, un broncio a turbarne il bel viso. Aveva risposto di sì, un po’ confuso dal disagio del suo papà, quelle persone sembravano esattamente come loro.
L’aveva sentita con una chiarezza impensabile in mezzo a quel frastuono. Una risata di bambina. Ne era stato attratto senza volerlo, uno sfarfallio curioso nella pancia, aveva compiuto quei pochi passi verso la bancarella vicina seguendo quel suono come fosse casa, come quando, dopo un brutto sogno, correva ad occhi chiusi verso la mamma. La bambina era avvolta in un cappottino bianco come la neve, lungo fino ai piedi, i capelli castani sparsi sulle spalle, indomabili, le gote rosse e gli occhi accesi di gioia; la si sarebbe potuta scambiare per uno degli angioletti che facevano bella mostra di sé sulla bancarella se solo fosse rimasta ferma un attimo. Invece non la smetteva di ridere – “sorridere” l’avrebbe corretto lei molti anni più tardi – indicando felice gli angioletti bianchi di pezza. L’aveva spiata intimidito fino a quando lei si era accorta di lui e si era avvicinata facendolo arretrare e sbattere contro un cesto di bastoncini di cannella infiocchettati.
Cappotto bianco e cappotto nero. Opposti e complementari.
Capelli scuri a contrapporsi ai suoi biondo chiaro.
Due pozze di caldo cioccolato a specchiarsi nelle sue iridi di ghiaccio.
Non aveva parlato, ma gli aveva teso un angioletto bianco, spavalda e sicura, tra le sue mani, per le sue mani, i ricci rossi del pupazzetto avevano cambiato forma e colore, allungandosi e diventando l’esatta copia dei suoi: indomabili onde castane.
Ne era rimasto incantato ed intimorito, anche a lui era capitato di combinare qualche disastro con la magia, ma mai niente del genere: succedeva quando si perdeva il controllo, l’aveva rassicurato la mamma.
Lei invece l’aveva fatto con una calma assoluta, doveva volerlo davvero molto. La bambina aveva allungato ancora la mano in un gesto inequivocabile, un regalo per lui che se ne stava lì, perso a guardare quella bocca rossa tesa in un sorriso impossibilmente grande per qualsiasi altro viso che non fosse quello di lei, le dita a mezz’aria.
Ma subito il papà era arrivato ad afferrare la sua mano e tirarlo via, incurante di quello che stava succedendo. Aveva visto il viso di lei velarsi di un’ombra triste mentre allungava l’altra mano a stringere il vuoto. Era riuscito a guardarla un’ultima volta, da lontano attraverso le gambe di un signore altissimo, stava osservando l’angioletto tra le sue mani che adesso sfoggiava una capigliatura corta, biondo platino.

Per rivederla aveva dovuto aspettare altri sei anni da allora e non si era nemmeno accorto che fosse lei. Gli avvenimenti l’avevano cambiato, plasmandogli sul viso una maschera di sprezzante superiorità che lasciava scivolare via dagli occhi solo con pochi amici e sua madre. Aveva fatto quello che gli andava, come gli andava, con chi gli andava senza mai curarsi di nient’altro a parte se stesso ed i suoi desideri … fino al Natale del sesto anno.

Non ce la faceva più, il marchio continuava a bruciare sul suo avambraccio, la paura di essere scoperto era una morsa continua alla bocca dello stomaco. Paura di fallire, paura di riuscire. Da un po’ nella sua mente si faceva strada l’idea di un sogno, una vocina sottile gli sussurrava che stava sbagliando e lui era lesto a ricacciarla lontano, per la sua famiglia, per riscattare quel padre che aveva ormai perso la ragione e per proteggere quella madre che ancora resisteva, pronta a sacrificare ogni cosa per lui.
Si era nascosto in bagno a piangere. Piangere, era ridotto a questo ormai.
Il litigio con Piton, dopo la festa di quell'idiota di Lumacorno, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, Piton che voleva prendersi i meriti del suo lavoro, meriti per i quali avrebbe ottenuto maggior prestigio agli occhi del Signore Oscuro facendo scivolare lui e la sua famiglia ancora più vicino al bordo del baratro. Quando aveva alzato gli occhi dal lavandino sullo specchio aveva visto una figura avvicinarsi. Si sarebbe aspettato chiunque, persino Potter, ma di certo non lei. Nessuno sguardo di superiorità a turbarne il volto, sicuramente si sbagliava, le lacrime gli ingannavano la vista, sarebbe stata veloce a ferirlo con le parole prima che lui riuscisse anche solo a trovare la bacchetta.
Doveva attaccare per primo << Sei venuta a fare la crocerossina dei poveri, Granger? >>
Era da qualche giorno che se la trovava intorno nei momenti più impensabili, rendendo ancora più difficile portare avanti la sua missione. Inaspettatamente aveva ignorato il suo attacco.
<< So cosa stai combinando, Malfoy. Ti ho visto con quell’armadio svanitore nella Stanza delle Necessità e ti ho sentito discutere con Piton, so cos’hai in mente e posso aiutarti a rimettere a posto le cose >>
L’aveva preso in contropiede, colto con le difese abbassate, il cuore una preda facile tra le mani di lei. Si era guardato intorno veloce solo per scoprire la sua bacchetta spuntare dalla tasca del mantello vicino alla porta, l’aveva tolto e lasciato cadere appena si era sentito al sicuro oltre la porta del bagno. A quanto pareva si sbagliava, non si può mai essere davvero al sicuro, che sciocco era stato.
<<Quando lascerai cadere questa maschera? – la sua voce, raschiante nella sua gola quasi facesse fatica a trovare la strada tra i denti, l’aveva costretto a riportare lo sguardo su di lei – Ti ho visto da solo, ho visto il sorriso che hai quando leggi le lettere di tua madre, la risata sincera che regali ai tuoi pochi amici – allora era vero che lo spiava, e cos’era quell’urgenza nella sua voce? Aveva notato le mani di lei stringersi e sfregarsi tra loro e sui polsi sottili come per darsi conforto ed allentare la tensione. Sarebbero state fredde come le sue? – Ho  fatto i conti con tutto quello in cui ho sempre creduto, ho fatto i conti con i tuoi comportamenti verso di me e con i miei nei tuoi confronti e solo pochi giorni fa ho realizzato che questo non sei tu. – aveva preso un respiro profondo, lo sforzo traspariva e si irradiava da lei – Le persone cambiano, ma in fondo rimangono le stesse>> Era ipnotizzato dalle sue parole, perso in quegli occhi sgranati da qualcosa che non riusciva a riconoscere, gli occhi fissi a guardare un punto oltre quelle labbra tremanti che si stavano chiudendo in una linea dritta, controllata – era perché aveva finito di parlare? – solo quando l’aveva vista muoversi si era riscosso, recuperando l’equilibrio mentale per fermarla, ma lei l’aveva stupito ancora estraendo dalla borsa un pupazzetto malconcio: un angioletto bianco coi capelli biondi come i suoi.
Il ricordo gli era piombato tra i pensieri come un sasso in una pozza immobile, spandendoli in giro, confondendo la superficie, ma creando cerchi concentrici tutti intorno a lei.
Lei bambina di fronte a lui.
Lei nel vagone del treno con un sorriso che era stato in grado di cancellare con una sola parola. Mezzosangue.
Lei con quel vestito color pervinca.
Lei in lacrime.
Lei mentre lo colpiva con quel pugno che si era sempre meritato.
<< Pochi giorni fa mia madre mi ha mandato questo chiedendomi se me ne ricordassi, è stato il mio gioco preferito fino a prima del mio arrivo qui. Appena l’ho visto ho capito, – si era lasciata scappare un sospiro a nascondere il ricordo di un sorriso sul suo viso – le  mamme sanno sempre tutto ancor prima di noi. Per questo sono qui, ma ti avviso, avrai solo questa occasione. Quella volta sei stato trascinato contro la tua volontà, ora puoi scegliere >> Aveva fatto un passo indietro, come se fosse pronta a scappare da lui, gli occhi spalancati incapaci di reggere il suo sguardo.
<< Cosa mi stai domandando, Mezzosangue? >>
Un altro passo indietro e inaspettatamente – era Grifondoro dopotutto, il coraggio era il suo pane – l’aveva fissato dritto in faccia, una combattente pronta a scoccare le sue ultime frecce.
<< Di scegliere tra quello che sei davvero e quello che sei stato costretto a diventare. C’è ancora speranza, soprattutto a Natale >>
Aveva appoggiato il pupazzetto su un lavandino e se n’era andata lasciandolo stordito, i cerchi che si allargavano nella sua mente sempre più grandi e leggeri, spazzando via ogni sua convinzione e regalandogli una superficie nuova. Una parte di lui, quella vigliacca e ostinata, cercava di ribellarsi premendo forte dentro di lui per rompere lo specchio sotto il quale lei l’aveva confinata. Aveva allungato le dita verso l’angioletto e quando, tra le sue mani, i capelli avevano cambiato forma e colore, aveva capito.

Erano passati due anni da allora, due anni difficilissimi, due anni in cui lui e sua madre si erano dovuti nascondere, costantemente sotto la protezione dell’Ordine, ma ora era finita, poteva andarsene in giro relativamente tranquillo.
Stava arrivando, la percepiva sempre come una leggera onda sottopelle diretta ad avvolgergli il cuore di calore, lasciando le mani agitate a raffreddarsi ulteriormente, lei le avrebbe sentite quando l’avrebbe stretta e avrebbe capito.
Aveva imparato a dirglielo con i gesti più che con le parole.

<< Che freddo fa!>> gli aveva sbuffato una nuvola di fiato caldo e profumato di caffè dritta in faccia <<Malfoy, perché a quest’ora impossibile? Non c’è ancora nessuno!>>
Aveva sorriso come faceva solo con lei <<Mezzosangue… le persone importanti sono già arrivate>>.
Aveva imparato ad usare anche le parole per lei.
Si era accorta dell’angioletto tra le sue mani e aveva sorriso, di quel sorriso “impossibilmente grande per qualsiasi altro viso che non fosse quello di lei”. 
Si era affrettato a far suo quel sorriso con un bacio << Buon Natale >>.

Lui, l’ombra tra i capelli e dentro di lei.
Lei, la luce nella testa e nel cuore di lui.

  
Note: il titolo è ovviamente un omaggio alla splendida canzone dei Coldplay. So che ‘impossibilmente’ non esiste come parola, ma mi prendo la licenza poetica! Ringrazio le Blue Ladies per la splendida idea e per avermi costretta a scrivere una scemenza anche questo Natale. Grazie a Francesca, Chiara e alle ragazze (voi sapete chi) per i primi pareri, le correzioni e per avermi spronata a fare tutto questo. Un grazie speciale alla mia (che confidenza) Morgana per la presenza, gli insulti, le risate e l’infinita pazienza che dimostra sempre con me. <3